La Storia della Lucania

Liberamente tratto da "BREVE STORIA DELLA BASILICATA di Palma Fuccella"

(ultimo aggiornamento : 01/02/2013 - last update 02/01/2013 )


Angioini ed Aragonesi

Giovanna I d'Angio'




Le ripercussioni dei conflitti si fecero sentire, sul piano economico, spianando la strada ad una forte crisi rinforzata dal prolungarsi di una fase climatica molto fredda che colpì fra il XIII e il XIV sec. l'intera Europa. Le esondazioni dei fiumi e il dilavamento degli argini, dovute alle grandi piogge, si fecero particolarmente insistenti sui corsi del Bradano e del Basento, che subirono uno spostamento deciso verso Sud. A tutto ciò si aggiunga il terribile terremoto del 1273, che provocò danni e vittime innumerevoli, e si comprende come la situazione della Basilicata doveva presentarsi disastrosa agli occhi della nuova classe dirigente instaurata da Carlo d'Angiò: Colin de Chanson (feudo di Pietrapalomba), Gèrard d'Yvort conte di Montemilone, Balduino di Carpigny (Forenza), Ottone di Toucy, etc, etc. Molti centri abitati furono irreversibilmente abbandonati dando inizio a quella flessione demografica che si sarebbe arrestata solo due secoli dopo; nel 1330 i nuclei familiari (i cosiddetti fuochi) che nel 1277 ascendevano a 17.000, erano solo 14.500, rivelando una diminuizione di popolazione pari a circa 13.000 unità, che interessò particolarmente l'area del Vulture e quella della costa ionica. Proprio in questa fase di crisi economica e sociale emersero le nuove caste di proprietari terrieri, che si impadronirono di territori sconfinati consolidando i primi confini di quei grandi feudi che avrebbero caratterizzato per secoli ancora la storia del paesaggio agrario della Basilicata. Il tributo maggiore in questo senso fu quello riconosciuto ai Sanseverino che, per la rimarchevole attività svolta nella lotta contro gli Svevi, divennero padroni di gran parte della regione; ben oltre il territorio di Chiaromonte il loro dominio si estendeva dalla valle dell'Agri e del Sinni alla val Basento fino a Tricarico e, dal Pollino, fino a Lagonegro. Altra famiglia che trasse enormi vantaggi dalla legittimazione Angioina fu quella degli Orsini del Balzo, di origine francese (De Baux) che estesero il loro dominio dalla Puglia verso l'area del Vulture, proprio quella più cara a Federico II, acquisendo Acerenza, Genzano, Irsina e Venosa - dove costruirono il loro castello- arrivando anche a possedere a tratti Montescaglioso, Pomarico e Matera. Queste erano le prime e più potenti dinastie feudali della Basilicata. Ma chi altrettanto si avvantaggiò della sconfitta degli Svevi fu la Chiesa dal momento che proprio durante il XIV secolo si riscontra un notevole rafforzamento dell'organizzazione ecclesiastica mediata dai vescovi e dal rilancio delle grandi abbazie. Buona parte del lavoro in questa direzione venne svolto dagli ordini mendicanti, soprattutto dai francescani che rilevarono gran parte delle abbazie in disgrazia, prime fra tutte quelle di Banzi e Monticchio, in coincidenza della irreversibile decadenza della presenza benedettina e basiliana. A Potenza i francescani edificarono la chiesa di S. Michele nel 1274, subito dopo il terremoto, e da qui estesero la propria attività in quasi tutti i centri abitati della regione; il luogo più prestigioso della presenza francescana fu il monastero di S. Maria di Orsoleo, costruito tra S. Arcangelo e Roccanova in un luogo in cui pare preesistesse un culto legato all'eresia dei Fraticelli, in nome del quale, a riparazione di quell'eresia, venne edificato il convento francescano. Fra le campagne spopolate ed incolte, fece presto ad imporsi la grande pastorizia intorno alla quale si sviluppò l'economia delle grancie ecclesiastiche e delle difese regie o baronali. 
Principali difese regie divennero in epoca angioina quelle di Palazzo S. Gervasio Lagopesole, impegnate a rifornire di cavalli, carne salata, selvaggina e vino rosso la corte del Re. Lagopesole conservò la sua natura di residenza di caccia (daini, cervi, caprioli, volpi e orsi), arricchita di nuovi mulini e forni.
Uno dei fattori che certamente influì sulla profonda crisi demografica del XIV secolo, fu la cacciata dei saraceni ordinata da Carlo d'Angiò, di concerto con il Papa che provocò in Basilicata la dispersione di tutte le comunità arabe residenti a Castelsaraceno, Bella, Pescopagano, Tursi e Tricarico, dove tutt'oggi è possibile vedere le rabatane di saracena memoria. Stessa sorte, conoscendo la diffusione dello stereotipo antisemita in quell'epoca in Francia, dovette toccare agli ebrei, così numerosi a Matera e nell'area del Vulture, dalla cui diaspora si pensa sia nato il paese di Avigliano; alla nuova Curia reale andavano anche i beni e tutte le sostanze sottratte agli ebrei e agli eretici imprigionati o riparati altrove. 

In questa sorta di "pulizia etnica" rientrarono anche le comunità monastiche di rito greco, strette nella morsa dell' alleanza papale con i Sanseverino i quali controllavano tutta quella parte meridionale della regione dove maggiore era la concentrazione dei basiliani. Ampi feudi furono dati invece in consegna all'ordine dei Cavalieri di Malta che, in cambio delle gravi perdite subite in Terra Santa, ricevettero i possedimenti della SS. Trinità di Venosa ed altri feudi rustici in agro di Matera (Picciano) e di Grassano.
Anche le Clarisse istituirono i loro conventi, a Tricarico (1322), Matera, Montescaglioso, Genzano e Ferrandina.
Nel clima di rinnovata religiosità si inserivano anche i domenicani che trovarono nei Sanseverino i più vivaci sostenitori poiché Ruggero aveva preso in moglie proprio la sorella di San Tommaso d'Aquino, Teodora.
Al volgere del XIV secolo la Basilicata fu coinvolta nelle sanguinose lotte per la successione al trono fra Luigi d'Ungheria e Carlo Durazzo; a Nord, in particolare nel Vulture, la regione fu saccheggiata dagli ungheresi mentre la regina Giovanna I ed il marito, Ottone di Brunswick, venivano segregati rispettivamente nel castello di Muro Lucano e nella rocca di S. Fele. Nell'ambito di queste lotte, nel 1404 venne quasi completamente sterminata la casata dei Sanseverino che Re Ladislao di Durazzo fece impietosamente gettare in pasto ai cani nel Castelnuovo di Napoli. In Basilicata, solo Saponara riuscì ad opporre resistenza al dilagare delle forze reali e, seppure nel 1405 dovette cedere, riuscì ad ottenere da Ladislao una "capitolazione onorevole" che gli consentì una certa indipendenza. In questi primi anni del secolo apparvero anche le bande dei Capitani di ventura, a cui lo stesso Ladislao sovente ricorreva per ristabilire l'ordine; e proprio in cambio dei servizi resi alla causa del Re il capitano Muzio Attendolo Sforza ottenne i prestigiosi possedimenti che furono dei Sanseverino: Tricarico, Calciano, Senise, Chiaromonte, Salandra, Craco e Grassano. Prostrata dalla terribile "peste nera", intanto, la popolazione stentava a trovare le forze e le risorse per una ripresa economica e sociale; nel 1456, inoltre, un terremoto devastante provocava danni incalcolabili ed un numero elevato di vittime, tanto che solo ad Acerenza morirono 1.200 persone; in questo clima di diffusa povertà, molti si diedero alla macchia ed alle ruberie per sopravvivere.

Nella seconda metà del XV secolo, l'avvicendamento degli Aragonesi al trono di Napoli e la caduta dell'Impero Romano d'Oriente, coincisero con una generale ripresa dell'economia in Europa. Questa tendenza che riguardava soprattutto le città, grazie al rinnovato attivismo delle botteghe artigiane e dei mercati urbani, ebbe i suoi tangibili riflessi in Basilicata, dove emergevano segnali di un incremento delle attività commerciali, soprattutto in centri ben collegati come Venosa e Matera; per la prima volta dopo anni di regresso, si registrava finalmente una sostanziale crescita demografica. All'emergere di questo dato certamente contribuì la grande ondata immigratoria che coinvolse la Basilicata in seguito alla caduta di Costantinopoli ed all'occupazione Turca. Tra il 1450 e il 1480 approdarono alle coste ioniche numerosi gruppi di esuli greci, scutariani, schiavoni e, soprattutto, albanesi giunti al seguito di Giorgio Castriota Scanderberg, il condottiero che aveva combattuto dalla parte di Ferdinando d'Aragona. Queste nuove comunità ripopolarono soprattutto la zona del Vulture (Barile, Rionero, Maschito) e poi si stabilirono a S. Chirico Nuovo, Ruoti e Brindisi di Montagna. A Matera, invece, gli schiavoni fondarono un vero e proprio quartiere scavando le abitazioni nella massa tufacea di quella parte dei Sassi a tutt'oggi nota con il nome di Casalnuovo.

In questo periodo vi sono ancora e per l'ultima volta, prima della definitiva diaspora, testimonianze di comunità ebraiche lucane, particolarmente attive e numerose a Venosa e Matera (dove ancora nel Settecento vi era un quartiere denominato il "Ghetto") composte principalmente da medici, commercianti e piccoli banchieri. 

Con l'ascesa degli Aragona al trono di Napoli si compiva la legittimazione della terza grande famiglia feudale di Basilicata, i Caracciolo. Sergianni Caracciolo, napoletano e ministro della regina Giovanna II, otteneva nel 1416 la signoria su Melfi e il territorio del Vulture, estendendo poi i domini della casata fino al Melandro e, per qualche tempo, anche su Marsico e Miglionico. 

Nel frattempo, proprio la "pazza" Giovanna II aveva in un moto d'impeto contro i suoi sudditi ordinato la distruzione della popolosa Satriano (1415), un paese di circa tremila abitanti, sede di vescovo e che da allora conobbe la sua fine poiché gli abitanti ripararono a Pietrafesa, Tito e S. Angelo, non facendovi mai più ritorno. 



Documento Originale presente sul sito della Regione Basilicata

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