IL Carnevale in Lucania

Il Carnevale a Potenza


A Potenza, carnevale, era ritenuto come il Dio della tarau tè/la e del buon gusto, dello stomaco e dell'ebbrezza. Difatti, nel periodo di carnevale il popolo potentino si lasciava andare a svaghi e divertimenti ai quali durante l'anno non pensava neanche. Questi svaghi, comunque, erano limitati al ballo, soprattutto la tarantèlla, che al suono de la tammurrièdd' (del tamburello), piffero, o altro strumento musicale di quei tempi, si ballava in ogni casa o 'int' la cuntanà (nel vicolo) ed ovunque era possibile.

Era anche il periodo dello scialo per mangiare e bere, anche se il tutto si limitava alle provviste caserecce come: savuciceh' e tutte quelle leccornie derivanti dalla carne del maiale che in quei tempi era presente in ogni famiglia. Era l'asciamènte (la ricchezza) in quell'epoca. Per la famiglia che non riusciva ad ammazzare neanche il maiale, significava povertà eccessiva.

Era il periodo de li maccarone a ferrètte o ca la giònca (mac cheroni fatti in casa col ferretto o col filo di giunco; fusilli), e in quel giorno non vi era famiglia in cui la buona massaia non era af faccendata a fare questa pasta, per poi gustarla, condita, ca la rraù /alt'cu tutt' li spicilarie de luporc'(con un ragù fatto con tutte le specialità del maiale).

J ragazzi, per burla, come se piangessero, nel giorno di carne vale si divertivano per la strada cantando il seguente ritornello:

carnvale mie, chiène d'uòglie, stasera maccarone e craie fuòglie (carnevale mio, pieno d'olio, cioè grasso, questa sera maccheroni e domani verdura).

Questo ritornello, aveva, comunque, un suo significato, stava ad indicare che, dopo il periodo di scialacquo del carnevale, veni va il periodo di astinenza e di magro della Quaresima.

Tratto da "Potenza e il suo dialetto" di Rocco Traini.


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