IL Carnevale in Lucania

La Maschera lucana


Il carnevale in Basilicata non ha mai avuto una sua maschera tipica. Il tradizionale periodo carnevalesco, quello che va da Sant'Antonio Abate (17 gennaio) alla vigilia delle Ceneri e precede la prima domenica di Quaresima, è sempre stato per i lucani un periodo propiziatorio, per cui ogni tipo di manifestazione serve più che altro a respingere il male e invocare gli spiriti benigni a proteggere il raccolto e soprattutto il bestiame.

I primi mesi dell'anno, come si sa, sono molto freddi in Basilicata. L'Appennino lucano presenta sulle sue cime quasi la totalità dei paesi. Molti di essi sono ai ai sopra dei mille metri per cui la paura delle gelate è sempre forte ed altrettanto si teme per eventuali nevicate. Quando queste ultime sono abbondanti mettono sempre a dura prova la resistenza degli animali che vivono nelle masserie isolate. La maschera lucana è quindi una sorta di stregone che combatte gli spiriti maligni. Il costume è quello tipico dei pastori. Ai piedi presenta i classici calzolari coperti da pelli di pecora intrecciate con lacci di cuoio, mentre sugli abiti pastorali un ampio mantello a ruota che si lega sul collare nero di montone con un bottone di legno di quercia. In testa un enorme cappellaccio con una falda talmente ampia da far ricorda re lontanamente i classici sombreri.

Il carnevale in Basilicata specie negli ultimi tempi si e' ridotto a qualche ingenuo travestimento familiare, ricorrendo ad abiti vecchi, a vecchie divise militari o addirittura a qualche abito talare, il tutto ovviamente cucito con mezzi di fortuna. Se il tempo si presenta buono, durante il classico passeggio serale i ragazzi più intraprendenti approfittano delle mascherata per lanciare coriandoli e stelle filanti in direzioni delle fanciulle più carine. Ma la maschera più tradizionale rimane quella dell'antico pastore che avvolto nel suo mantello e con la faccia nascosta nel cappello si avvicina agli usci delle case e dice "parate e paraticchio, dacci un capo di savcicchio, se saveicchio nun ci' vuoò da, n'altra cosa ci aia da' se n'altra cosa nun ci vuo' da', ca t' possa strafuca"'. E' la festa dei semplici. Non ci sono i ricchi, quelli abituati a divertirsi con le maschere cortigiane. In Basilicata al posto delle viole veneziane ci sono i tambuirelli, gli zufoli e i cupa cupa, al massimo qualche organetto. La maschera lucana ha origine pastorali per cui anche i piatti che si gustano in questo periodo fanno parte della stessa cultura. All'immancabile pasta di casa fatta di fusilli, ferricelli e truoccoli condita con molto pecorino e ragu di maiale, segue nei secondi piatti oltre al classico cuturiedd', carne di pecora vecchia bollita, il maiale cucinato in tutti i modi. Alla fine chiacchiere spolverate con lo zucchero per tutti, pasta sfoglia tagliata a tocchetti e fritti in un enorme paiolo di rama rossa. I suoni magici degli strumenti carnacialeschi improvvisano il cosidetto "zumb-zumb" e le danze nascono spontanee anche tra generazioni diverse, ma che si legano intimamente stimolati dalla musica. La maschera lucana non ha un nome ben preciso anche se per tutti e' "cum nu' carnual" e ci riporta indietro nel tempo quando la regione era abitata solo da pastori e contadini.

Tratto da "La Nuova Basilicata" del 17/01/199 - Articolo a firma di A.S.


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